Come diventare imprenditore e avere successo

Una guida non troppo utile costruita sulla mia piccola esperienza

Com’è che si diventa imprenditori di successo? Vuoi lasciare il tuo impiego “fisso” e diventare freelance? Ti piacerebbe trasformarti nel capo di te stesso? Sì, ma come?

Queste sono tutte domande e riflessioni che ho fatto nel mio ultimo anno di vita e, mi dispiace dirtelo, una risposta semplice o generica non esiste. Diventare imprenditori di successo è il risultato di un’equazione con talmente tante variabili che mi risulta difficile credere ai coach motivazionali che ti impongono uno schema generico.

Per me è complicato dare fiducia anche a libri, alle guide o ai post dei CEO che, tra un cocktail in spiaggia e una Instagram Story in palestra (dove ti fanno vedere che oltre al successo e ai soldi, loro hanno tempo per mettere su muscoli perfetti), ti dicono che va tutto bene e che… #ilovemyjob

Non dico che tutto questo materiale sia inutile. Dico solo che si tratta di ottimo contenuto e che serva come stimolo a fare di più. Quindi qual è il punto? Facciamo così ti racconto un po’ di me e vediamo che lezione ho imparato.

Mi ero scocciato di essere il ragionier Ugo Fantozzi

Era il 2015 quando ho trovato il mio primo lavoro vero. Dopo una serie di collaborazioni poco stabili con giornali, magazine e blog, finalmente avevo trovato un impiego. Uno di quelli che ti rende orgogliosi e che fa stare tranquilli i tuoi genitori. Un lavoro col cartellino, con l’azienda, l’ufficio in cui andare, le ferie da programmare. I permessi studenteschi e l’assicurazione sanitaria.

Bello, no?

Sicuramente! Ero felice. Mi svegliavo al mattino energico, volenteroso di mettere su articoli, creare strategie per i social aziendali, scrivere comunicazioni per clienti e per i collaboratori. Però è successo, ad un certo punto qualcosa si è rotto.

E, niente, durante ho un week-end di maggio ho capito che quel bel posto non faceva più per me. Mi ero scocciato di essere l’anello di una catena e volevo diventare un ingranaggio. Ecco: mi ero stufato di fare il ragionier Ugo Fantozzi. E, così, ho deciso: mi sarei dimesso.

Per fare cosa? Per diventare freelance!

Naturalmente, i dibattiti domestici a tema prevedono un post dedicato, tuttavia riassumerò così il ritornello che ho sentito e risentito (tra colleghi, alcuni amici e alcuni parenti):

Ma chi te lo fa fare?

Davanti a questa domanda, io non sapevo mai come rispondere. Conosci la passione? Hai presente quella voglia di avere uno spazio tuo, clienti tuoi, regole tue e una filosofia lavorativa che ti appartiene? Fiato sprecato. La conversazione ruotava solo intorno a pochi concetti:

  1. Tassazione pesante;
  2. Ferie non retribuite;
  3. Nessun permesso per malattia;
  4. Nessuna agevolazioni per sostenere gli esami universitari;
  5. La morte.

Sì, pareva che avessi ammesso di volermi suicidare, ma, niente. Io sono andato avanti per la mia strada e, dopo le dimissioni, mi sono avvicinato ad una start-up bene avviata. Questa volta mi era stata offerta una collaborazione da esterno, ma, ancora, ho rifiutato un posto sicuro. Stessa sorte ha avuto la proposta di lavoro ricevuta da Roma. Ero determinato: volevo diventare freelance.

Il primo passo: il tuo lavoro è cercare lavoro

Terminata la collaborazione con la start-up, quindi ho deciso di mettermi seriamente a fare il freelance. E, con mio stupore, mi sono reso conto che da quel giorno il mio lavoro era trovarmi lavoro ovvero cercare clienti.

Come? Creando una lista di potenziali clienti, un file Excel in cui ho inserito i riferimenti, il nome dell’azienda e alcune indicazioni che potessero essere funzionali al mio scopo: diventare il content manager del mio ambito cliente.

Prendevo appunti come: mancata ottimizzazione SEO, irregolare pubblicazione sui social e così via.

Lo vedi l’orologio? Dimenticalo. Non scordare però il calendario

La seconda lezione (questa è bruttina) che ho imparato è stata: sei solo e puoi contare solo tu stesso. Non hai un contabile perciò devi predisporre sull’agenda, sul Google Calendar, sui post-it attaccati al muro, uno scadenzario. Ti servirà per non scordare le consegne dei lavori e, soprattutto, le tasse da pagare o le fatture da emettere.

Nessun cliente ti ricorderà di non averti pagato. Il fisco però sarà pronto a dirti che a lui qualcosa lo devi, invece.

E che dire dei tuoi orari di lavoro?

Per comodità, per un mio ordine mentale e per evitare di ritrovarmi impigliato in conversazioni telefoniche il sabato sera alle 21, ho preferito darmi degli orari in cui il mio studio professionale avrebbe dovuto essere operativo. Tenere sotto controllo l’orologio, in qualche modo, ti aiuta a non perdere tempo mentre, alla ricerca di keyword, finisci su un sito con un giochetto scemo in cui devi mandare la pallina in un posto o nell’altro.

Fatti perciò un programma settimanale, uno giornaliero da seguire e usa l’orologio come fosse una bussola: ti servirà a non perderti nel mondo della procrastinazione.

Tuttavia, allo stesso tempo, devi dimenticartelo, l’orologio. Era tanto bello, poggiare la penna alle 17 e spegnere il PC, vero? Bene, un compito non terminato è una consegna rimandata e una consegna mancata è una fattura in meno. Quindi meno soldi.

Diventare freelance, le tre regole d’oro

Qualche giorno fa, dopo essere stato moderatore di un webinar tenuto su Semrush per conto di YourTarget, agenzia specializzata nell’Inbound Marketing per la quale sono Content Manager, un mio amico mi chiede: ma da quant’è che sei freelance?
Ho aperto partita IVA ad Ottobre, rispondo.
E che hai imparato?
Tanto e niente, gli dico.
In che senso?

Ecco, qui mi sono messo a ridere e gli ho spiegato un po’ tutto l’excursus. Poi, riflettendoci ho capito che:

1. Non sarai mai pronto per “diventare il capo di te stesso” finché non lo diventerai

Già nel 2015 mi era chiaro. Io volevo fare esperienza in un’azienda per poi sfruttare questo know-how per i miei clienti. Ho sempre voluto avere qualcosa di mio. Tuttavia, quando mi è stato offerto il posto fisso ho accettato. Perché non mi sentivo pronto. A fronteggiare i clienti, a rapportarmi con la burocrazia.

Col tempo, poi, ho capito che non si è mai pronti. Perché prima vogliamo la sicurezza economica per terminare gli studi e affrontare l’università senza stress; poi vogliamo comprare la macchina e quindi la casa. Poi ci sarà la famiglia e allora non sarà più il momento.

Vuoi avviare la tua attività? Sei sicuro di volerlo fare?

Allora fallo. Ora!

Preparati ad avere periodi di magra, metti da parte qualche risparmio e avviati. La strada sarà lunga perciò prima è meglio è.

2. Non avrai mai la giusta preparazione perciò studia e non smettere mai di formarti

Una delle mie convinzioni era quella di non avere il giusto background formativo. Nel piano originale volevo avviare la mia attività dopo la laurea. Lavorando però il raggiungimento di questo obiettivo è diventato leggermente più lontano e così ho cominciato a posticipare questa apertura.

Compreso che avrei preso la laurea con calma, ho cominciato a dirmi che avrei dovuto prima fare qualche corso di formazione e così ne ho fatti. Tanti. Davvero tanti. Corso dopo corso, però, mi dicevo che me ne serviva un altro e un altro. Continuavo a procrastinare per paura di fallire poi ho realizzato: non c’è formazione sufficiente per fare bene un lavoro.

Se sai di saper fare il tuo lavoro (e in fondo, in fondo lo sai) comincia con ciò che hai in mano, con quello che sai e soprattutto non smettere mai di studiare. Le novità sono sempre dietro l’angolo perciò informati, aggiornati, non appassire.

3. Fare l’imprenditore non significa aprire partita IVA. Significa sposare una filosofia

L’orologio che ticchetta e tu che non lo senti, ambire sempre a qualcosa di più grande (in base alle tue potenzialità), cercare nuovi clienti, nuovi fornitori, nuovi partner, voler crescere sono tutti sintomi di una malattia: l’imprenditoria.

Per me l’imprenditore non è quello che decide di mettersi in proprio in mancanza di altro. L’imprenditore è quello che sposa una filosofia che mira alla crescita e al miglioramento.

Per me il libero professionista non è l’architetto, l’avvocato, l’ingegnere che, come richiesto dal suo datore di lavoro, apre partita IVA perché così ha il posto fisso (a tutela zero!). Il libero professionista è quello che mette il cuore e il cervello in un progetto, in un intervento, in una causa. È quello che mira all’ingrandimento del suo studio, che cerca di dare un servizio migliore e quindi ambisca ad un onorario più elevato.

Come diventare liberi professionisti e avere successo… forse

Ok, ma come si diventa imprenditori di successo?

Io ho una partita IVA, mi definisco un libero professionista (desidero, un giorno, di poter avere una mia società di consulenza e, quindi, miro alla crescita) e sono felice dei risultati che sto ottenendo, giorno dopo giorno.

Vuoi conoscere le tre variabili della mia equazione?

Ho creato una sigla apposita per riassumerle. OLT ovvero:

Ottimismo

Fare l’imprenditore, in questo momento storico, vuol dire avere la speranza che le cose cambino, che tu riesca a sopravvivere alla tassazione, che tu abbia la chance di diventare un grande. Questo è ottimismo.

Lavoro

Non c’è successo senza fatica. Rimboccati le maniche e comincia a lavorare. Niente da aggiungere (sennò perdo tempo e non fatturo!)

Tempismo

Avere tempismo (ovvero culo) può davvero aprirti delle strade, chiudere delle porte. Dunque come fare? Cerca di essere sempre sul pezzo e soprattutto creati le opportunità. Metti a frutto tutti i contatti che hai, non sprecare nulla.

Non avendo altro da aggiungere, mi limito a dirti: buona fortuna e… avanti tutta!

Qual è il tuo progetto? Parliamone insieme!

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